Il 25 giugno 2025, durante il vertice NATO, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un colloquio bilaterale che, pur avvenuto senza una conferenza stampa congiunta, ha segnato un netto cambio di tono da parte del leader americano nei confronti di Kyiv. In dichiarazioni successive, Trump ha definito Zelensky “molto gentile” e ha riconosciuto la complessità del suo ruolo nella guerra in corso, suggerendo una possibile evoluzione della politica statunitense verso l’Ucraina.
Svolta retorica: armi, negoziati e Patriot
Per la prima volta dall’inizio dell’invasione russa, Trump ha dichiarato pubblicamente la necessità di fornire a Kyiv “più armi” e ha evocato l’eventualità di inviare missili Patriot, sottolineando che “il momento per i negoziati è ora favorevole” (DW). Questo segnale, seppur ancora ambiguo, rappresenta un netto allontanamento dal tradizionale scetticismo trumpiano sulla guerra, che fino a poco tempo fa descriveva come “problema europeo”.
L’apertura ai colloqui con Vladimir Putin per “porre fine alla guerra” ha suscitato preoccupazione tra analisti ed esperti occidentali, che temono un approccio troppo transazionale da parte di Washington, potenzialmente ignaro delle ambizioni strategiche del Cremlino.
La NATO ridefinisce la guerra: “difesa collettiva”, non più “carità”
Il vertice NATO ha inoltre sancito una svolta strategica nel linguaggio ufficiale dell’Alleanza. Per la prima volta, le spese sostenute per l’assistenza a Kyiv sono state qualificate come parte integrante della difesa collettiva, secondo quanto stabilito dall’articolo 5 del trattato NATO. Questo mutamento semantico riflette un cambiamento politico: aiutare l’Ucraina non è più un gesto di solidarietà, ma un investimento strategico nella sicurezza del continente (RBC).
Nella dichiarazione finale del vertice, la Russia è stata definita una “minaccia a lungo termine” per la sicurezza euro-atlantica, con il consenso anche di leader tradizionalmente più vicini a Mosca, come Viktor Orbán e Robert Fico, e dello stesso Trump. Un raro segno di unità nell’Alleanza.
Diplomazia diretta e un nuovo equilibrio
La scelta di non organizzare un briefing congiunto non ha impedito che l’incontro tra Trump e Zelensky diventasse il simbolo di un potenziale riallineamento. Il cambio di tono da parte di Trump suggerisce che i contatti diretti possono modificare anche le posizioni più fredde. Secondo analisti della NATO, ciò apre nuove possibilità per una diplomazia personalizzata nei dossier più sensibili.
Inoltre, l’Alleanza ha confermato inequivocabilmente che un attacco contro uno significa un attacco contro tutti, un chiaro avvertimento a Mosca contro ogni tipo di provocazione verso i Paesi del fianco orientale, in particolare Polonia e Paesi baltici.
Pressioni economiche e isolamento strategico della Russia
Il vertice ha anche riaffermato l’importanza delle sanzioni mirate come strumento per ridurre le capacità militari della Russia. L’obiettivo, secondo la NATO, non è punire Mosca ma degradarne il potenziale militare-industriale, privandola delle risorse necessarie a proseguire il conflitto su larga scala.
Nel contesto attuale, la Russia affronta gravi difficoltà economiche e sociali, e la sua popolazione appare sempre meno disposta a sostenere nuove ondate di mobilitazione. Le ambizioni militari del Cremlino — come il controllo dell’intera riva sinistra del Dnipro o l’avanzata fino ai confini pre-2022 del Donbass — non trovano corrispondenza nella capacità logistica o nel morale delle truppe.
Riforma NATO ed effetto Trump in Europa
Le dure critiche di Trump ai Paesi membri per non investire almeno il 5% del PIL in difesa hanno innescato un risveglio strategico in Europa. In risposta, l’UE ha presentato un piano per aumentare la spesa militare a 500 miliardi di euro entro il 2035. Anche se accolto con scetticismo da alcuni, il piano dimostra che le pressioni di Trump stanno producendo effetti concreti sulla politica di difesa europea.
Intanto, l’Ucraina è stata riconosciuta come l’unico partner sostenuto direttamente dall’Alleanza in tempo di guerra. Questo riconoscimento rafforza la percezione che Kyiv faccia ormai parte della futura architettura di sicurezza europea.